Silenzi D’Autore

Pietro Cabras

Critica: I Festanti

I Festanti

Bronzo

2006

La straordinaria capacità di Pietro Cabras di rappresentare frammenti di vita comunitaria sarda trova una concretizzazione in una sua recente opera composita: i Festanti (2006).

 

L’opera, che consta di sei statuette bronzee (30 cm in altezza) disposte in semicerchio, ricostruisce l’apparato scenico e la gaudente atmosfera delle danze sarde eseguite durante le feste paesane. I sei protagonisti de i Festanti, rigorosamente vestiti con i singolari e distintivi costumi locali, sono eletti a divenire gli interpreti del folclore, della tradizione e delle credenze indigene.

 

Al suonatore di launeddas (strumento millenario a canne originario della Sardegna e suonato già in epoca preistorica) si affianca un suonatore di fisarmonica, strumenti musicali polifonici caratteristici de su ballu sardu che impartiscono ai danzatori il ritmo modulato e incedente. Le antiche leggende sarde narrano di come il febbricitante impeto della danza, delle mascherate e della musica ritrovasse la sua origine in una pratica  diffusa nell’area mediterranea: la festa era la cura alla puntura dell’argia. Ma su ballu sardu si distingue dalle tarantolate ballate nel sud-Italia: i danzatori sardi si muovono con rigida compostezza e nessun movimento è spontaneo. L’autore ritrae scrupolosamente questa misura dei movimenti, questo disciplinato ordine musicale: i soli piedi dei danzatori si abbandonano al moto  ripetitivo di passi precisi e sincroni con la melodia. La postura, con schiena e spalle rigide e braccia ripiegate sulla vita, estrinseca la dignitosa severità e il controllo del movimento.

 

 L’animus sardus dell’autore si palesa anche attraverso la riproduzione precisa dei costumi. I danzatori e i musicisti de i Festanti vestono infatti i costumi tradizionali. Gli uomini portano sul capo la berritta, ossia il berretto di panno ripiegato in avanti. L’ampia camicia  rigonfia sui polsini è stretta da un panciotto (su cossu), solitamente in velluto o broccato, a doppio petto chiuso con preziosi bottoni probabilmente in filigrana d’oro o d’argento. Sui pantaloni (is cartzones) che sono larghi e infilati nelle calze (is cartzas) poggia un gonnellino dall’orlo ondulato. L’autore ha scelto invece di vestire le donne avvolgendo loro il capo con un fazzoletto ripiegato su se stesso. Sulla preziosa camicia ricamata e ampia, con collo fregiato di pizzi, è appena accennato un delicato corpetto. La gonna stretta in vita da un prezioso grembiule ingentilito da ricami si allarga con un margine plissettato una volta raggiunte le caviglie. Una delle donne regge con le mani una cesta ripiena di pane, sa corbula, simbolica icona di fertilità.

 

L’espressione artistica dell’autore si compendia nell’eleganza delle forme allungate e affusolate dei Festanti. Le sei figure rivelano la singolarità stilistica dello scultore: linee marcate solcano i profili di danzatori e suonatori, sui cui visi però i contorni di occhi e labbra sono solo a stento abbozzati. I corpi si elevano seguendo un asse impalpabile che si origina perpendicolarmente alla superficie, in essi è connaturata l’idea stessa di ascesa all’infinito, componente costante nell’opera di Cabras. La trazione di gambe e busto verso l’alto, la distensione del collo e l’indeterminatezza nelle linee del viso sono elementi distintivi anche di altre opere scultoree dell’artista, come la „Sacra Famiglia“ e „l’Angelo dell’abbondanza“. L’indecisione delle curve espressive nei volti ovoidali dei Festanti si scontra con l’incisività di zigomi prominenti, come a voler ribadire che la sardità è il principio di caratterizzazione e personalizzazione dell’opera.

 

La comitiva dei Festanti si anima davanti ai nostri occhi invitandoci al viaggio nella terra in cui il sole rubicondo e giocoso bacia le bionde spighe e la polifonia delle launeddas ritma l’istante che sfugge.

 

Aurora Cardinali