Silenzi D’Autore

Pietro Cabras

Critica: La Scelta

La Scelta

Ceramica,

1968.

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L' opera scultorea di Pietro Cabras è un viaggio caleidoscopico, in cui le opere sono paesaggi: Si passa da tratti decisi che solcano il granito ("Donna Ventosa "; "Donna Rosa"), a dolci quanto armoniose linee che danno vita al bronzo ("Danzatori", "Donna con corba"), fino a giungere alle affinate ed increspate figure femminili che modellano il gesso ("Sacra famiglia").

Il genere femminile rappresenta il "file rouge" di questo viaggio , il quale passa attraverso una molteplicità di aspetti ma che trova nella maternità il suo arché. "La sfacciata", "Angelo dell' abbondanza", "Fecondità", "Lo squarcio del velo" sono esimi esempi di tale filone artistico.

 

Questo viaggio ci porta dritto dentro all'universo della musa ispiratrice: ora misterioso ed inesplorato, quando si cela dietro i suoi veli, ora simbolico e rivelato, quando si rivela nella rotondità delle forme.

Durante il viaggio vi è una terra di mezzo, un limbo silenzioso che offre una panoramica abbagliante sui lati più oscuri e cupi della libertà umana. Tale iter, se decidiamo di intraprenderlo, è condotto tramite opere dallo sfondo sociologico, che narrano scelte difficili, a volte orribili. La tappa obbligatoria del nostro viaggio, dunque, non può che essere "La scelta".

 

Non c'è dubbio che siamo dinanzi all' opera più discussa del Maestro Cabras, quella che alcuni definiscono l'opera maestra.

E' un' Italia scossa dalla proposta referendaria sull' aborto quella che, nel '68, fa da contesto all' inquietudine dell' artista. Cabras decide, così, di "partorire" simbolicamente una piccolo monumento ai futuri "caduti" in guerra. Prende, così, forma dalla ceramica l'anti-abortismo de "La scelta".

 

La sinuosità dell' ovale è in contrasto con le striature a macchie che gli danno l'aspetto dell'ovaia. Tale forma è rotta, poi, da due squarci: da un lato un taglio profondo attraverso il quale si apre un umiliante patibolo; dall'altro la precisa cesura chirurgica di una ferita che non si rimurginerà mai.

L'impiccaggione si apre dinanzi agli occhi come una scatola cinese in un film di Bunuel. E' la condanna a morte, senza diritto di difesa, di chi deve ancora nascere. Un passato che deve ancora avvenire.

 

Grazie al suo surrealismo d' autore, che riporta alla mente un grottesco Dalì, "La scelta" scuote le coscienze e lo fa dalle fondamenta, senza gridare. Non rappresenta la condanna unilaterale bensì un' induzione a riflettere. Una riflessione tanto profonda come nessun opera ha saputo fare in merito all' aborto.

 

Gaetano d'Arienzo